Si sente e si è sentito parlare molto di mindfulness negli ultimi anni. Ma quanti sanno di che si tratta realmente?
Molti associano questo termine alle pratiche meditative e di contemplazione orientali. Non è del tutto sbagliato, in effetti le abilità di mindfulness possono essere definite come “traduzioni psicologiche e comportamentali delle pratiche di meditazione tipiche del training spirituale dei paesi orientali” (Linehan, 2015).
Altri, invece, associano l’espressione mindfulness alla cultura New Age, intesa come “Espressione del lessico giornalistico con cui si designano sensibilità e atteggiamenti moderni improntati a un pensiero positivo, ottimistico, alla stima di sé, alla ricerca di un migliore equilibrio tra uomo e natura; più in particolare, sensibilità religiosa tendente al misticismo, orientaleggiante” (Sabatini, Coletti, 2018). Si associa insomma a un pensiero un po’ freak, tutto pace e amore, alla filosofia dell’ andrà tutto bene, qualche volta a una matrice religiosa. Ecco, questo invece è decisamente fuorviante, probabilmente è il modo migliore di spiegare cosa non è la mindfulness. In primis, nella mindfulness non c’è nulla di positivista né di ottimistico. In secondo luogo, è fallace pure ascriverla ad una matrice di natura religiosa, se con religione intendiamo “Il complesso dei dogmi, dei precetti, dei riti che costituiscono un dato culto religioso” (Treccani, 1994).
Non molto tempo fa, una paziente con cui avevo da poco iniziato a proporre la pratica mindfulness, durante un colloquio in cui era particolarmente abbattuta, mi disse: “mentre perdevo tempo ad ascoltare gli uccellini, succedeva un casino”. Ringrazio di cuore questa paziente, perché mi ha fornito un ulteriore esempio di cosa non è la mindfulness: ascoltare gli uccellini (al limite potrebbe trattarsi di osservare la mia mente che ascolta gli uccellini, se questo è ciò che sta accadendo nel mio mondo interiore, o di focalizzare la mia attenzione sui suoni emessi dagli uccellini, se questo è ciò che desidero fare in quel momento; ma non era questo il caso). Sull’espressione della paziente riguardo al perdere tempo, invece, ho avuto modo in seduta di osservarlo insieme a lei per ciò che è: un pensiero giudicante su come utilizzi il suo tempo e sulle cose a cui dà valore.
Ho voluto spendere molte righe e soffermarmi dettagliatamente su cosa non sia la mindfulness per poter fare chiarezza su tutti i dubbi, gli stereotipi e gli scetticismi con cui io stessa mi sono inizialmente approcciata alla pratica di abilità. Ma vediamo ora cosa invece è la mindfulness.
Inannzitutto, la parola mindfulness si riferisce alla capacità di “essere nel momento, essere presente, vivere adesso, […] ovvero notare consapevolmente i pensieri e i sentimenti che sono presenti in questo momento; […] contatto con il momento presente significa essere nel qui e ora, pienamente consapevoli della nostra esperienza; questo include la capacità di prestare attenzione in modo flessibile sia al mondo psicologico interno sia al mondo materiale esterno” (Harris, 2011).
Quante volte ci perdiamo in pensieri sul passato e sul presente, senza nemmeno essere consapevoli di come ci siamo arrivati? Quante volte agiamo in modo automatico o abituale, incastrandoci in schemi ripetitivi di cui abbiamo perso il valore? Quanto spesso ci capita di fare una cosa “perché si fa così”? Ci capita abitualmente di attaccarci ad un’esperienza passata, forse perché vorremmo trattenere la felicità o la spensieratezza di quel momento andato perduto? O invece ci lasciamo assorbire in esperienze passate terribilmente dolorose, lasciando che guidino automaticamente il nostro presente e, probabilmente, il nostro futuro? Quante volte invece utilizziamo tempo ed energie a immaginare il futuro, a cercare soluzioni a problemi non ancora presentatisi, costruendo tutti i possibili scenari e le possibili alternative?
Questi sono tutti esempi di quanto è facile perdere il contatto con l’esperienza presente. Non c’è nulla di male a pensare al futuro, o a rivivere sensazioni passate ma, attenzione: una cosa è farlo con consapevolezza, cosa diversa è farlo in modalità automatica, senza insomma rendersene conto.
L’ “essere qui e ora” è un’abilità, una competenza, a cui si può arrivare con la pratica:
“la mindfulness è una pratica che ci permette di entrare nel momento presente senza riserve o malanimo e di entrare nel processo cosmico dell’esistenza con la consapevolezza che la vita è un processo in continuo cambiamento. La pratica della mindfulness ci insegna a entrare nel momento e a prendere consapevolezza di tutto ciò che lo compone a partire da esso. È la scelta di vivere tenendo gli occhi aperti. È molto difficile accettare la realtà con gli occhi chiusi. Se vogliamo accettare ciò che ci sta accadendo, dobbiamo prima capire cosa ci sta accadendo” (Linehan, 2018).
Tornando all’esempio della mia paziente, che disse “mentre perdevo tempo ad ascoltare gli uccellini, succedeva un casino”, essere mindful avrebbe piuttosto significato capire cosa le succedeva intorno, a che casino si riferisce? Come lo ha vissuto? Che emozioni e sentimenti le ha suscitato? Quali pensieri le ha messo in moto? Insomma, focalizzarsi sul qui e ora ed osservarsi. Probabilmente, in quel momento per lei gli “uccellini” erano un laggiù in cui non si trovava.
Concludo affidandovi questo video, leggero e divertente, sul tema della mindfulness, realizzata dal duo psicantria: “Il progetto Psicantria (Psicopatologia cantata) nasce nel 2010 dalla collaborazione tra Gaspare Palmieri (in arte Gappa), psichiatra e cantautore e Cristian Grassilli, psicoterapeuta e cantautore e ha la finalità di far conoscere i disturbi psichici e lo “psicomondo” attraverso la canzone” (http://www.psicantria.it/site/about/).
Buon ascolto!